The fly (di Vertigo)
Ore: 00:10.
Rientro a casa dopo una giornata di faticoso lavoro (beh, quasi...). In realtà sono reduce da una cena sovrabbondante al ristorante (ravioli di ricotta burro e salvia, cotoletta milanese fredda con pomodori tritati, patate fritte, torta meringata, caffè) e da un film ("Chiamami di notte", giallo a sfondo erotico-telefonico, discreto).
Sono poche le gioie della vita paragonabili a quella di entrare nella propria casetta, richiudersi la porta dietro le spalle e il mondo esterno dietro di essa e soprattutto correre al gabinetto perchè hai passato tutto il tempo al cinema con la vescica piena come un otre e la pressione ti sta causando malori a sfondo mistico.
Così, prima che le pareti della mia uretra cedano alla pressione interna, causando una tragica esplosione, mi avvento verso la tazza del water e, ricordandomi di abbassare i calzoni, comincio a compiere quello che Freud avrebbe definito "un ritorno alla fase escretoria".
Improvvisamente, il terrore! Sono a metà dell'operazione quando qualcosa di indefinibile ma certamente spaventoso si avventa su di me da dietro, con l'apparente intenzione di attaccarmi.
Lo shock è tale che mi getto al suolo terrorizzato, con il cuore che batte all'impazzata. Senza nemmeno essermi accorto di aver asperso il mio paio di calzoni preferito con le ultime vestigia delle mie deiezioni liquide, trovo riparo ripiegandomi in posizione fetale sotto il lavandino.
Attendo qualche secondo. Silenzio.
Forse è stata solo la mia immaginazione, mi dico. Eppure non ho nemmeno mangiato la fonduta al formaggio stasera. Cautamente scosto l'asciugamano che, penzolando dal lavandino, mi copre la visuale.
Un minaccioso ronzio mi fa sobbalzare. Mi rifugio di nuovo sotto il lavandino, sbattendo la fronte contro lo spigolo, e mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime per il dolore, comincio a temere di avere a che fare con una minaccia invisibile.
E' solo dopo parecchi secondi che decido nuovamente di indagare e, sporgendomi nuovamente dal mio rifugio, vedo un'ombra che passa davanti al lampadario, oscurando per un istante parte della stanza.
Quando l'ombra si è posata, riesco a distinguere appena una forma spaventosamente grande sulla parete sopra al mio water. Causa miopia, non riesco a capire di che si tratta, ma solo che le dimensioni eccezionali escludono che possa trattarsi di una mosca, una zanzara o anche un calabrone.
Lascio trascorrere parecchio tempo e, non notando segni di vita, mi decido temerariamente ad abbandonare l'illusoria sicurezza del mio riparo per studiare il nemico. Mi avvicino con cautela e riesco ad identificarlo: una libellula, o così almeno credo a giudicare dalle due paia di ali per lato. E non una semplice libellula, ma la più GRANDE libellula che abbia mai visto in vita mia. Lunga almeno una quindicina di centimetri, con altrettanti di apertura alare.
Ha! E io che mi spavento come un bambino per una semplice, innocua libellula, rido. Non appena il mostro accenna a muoversi, però, scappo come un razzo dalla stanza, chiudendomi la porta dietro le spalle, e chiedendomi se una porta di legno è abbastanza resistente da consentirmi di essere al sicuro.
Mentre il mostro è ormai padrone del mio cesso, riordino a fatica le idee rifugiato nella mia stanza. Sarà anche innocua, mi dico, ma preferirei che se ne andasse.
Ho un'innata repulsione per tutto quanto ha più di due zampe ed è più grande
di un bottone, e questa libellula soddisfa entrambi i requisiti; però la mia
straordinaria bontà mi impedisce di fare del male ad un animale innocente.
Anch'io, sembra strano, lo so, ho i miei principi.
Così escogito il piano: mi armo di una bombola di "Gled Aria Nuova" agli
aromi di bosco e del bastone estensibile che mia madre usa per tirar giù gli
abiti appesi negli armadi più alti. Spero che il "Gled" non le faccia male.
Cautamente, brandendo il bastone, apro uno spiraglio della porta; il mostro
è ancora là, sulla parete. Entro, sorridendo delle mie paure: ma guardala,
una stupida libellula che potrei schiacciare tra due dita, e io dovrei
averne paura?
Spalanco la finestra, mi allontano di due metri, estendo al massimo il
bastone e lentamente mi avvicino. L'idea è quella di toccare appena
l'insetto e convincerlo perciò che la sua presenza non è gradita; la
finestra aperta, inoltre, dovrebbe essere un invito più che eloquente ad
abbandonare il campo.
Non appena tocco il mostro, esso si mette a volare all'impazzata, ronzando e
planando direttamente verso di me come un kamikaze verso una portaerei
americana a Pearl Harbour. Il panico è troppo: abbandono il bastone e punto
il Gled, che tenevo nella sinistra, verso l'aeromobile e faccio fuoco.
Lo spruzzo non gli fa niente, ma è sufficiente per fargli cambiare
traiettoria, mentre io arranco faticosamente verso la porta e fuggo
scompostamente.
Ok, mostro, il primo round è tuo.
Ritornato nella mia stanza, decido che le buone maniere evidentemente non
servono. Rovisto nello sgabuzzino e ne esco dopo qualche istante armato di
"Baygon mosche e zanzare". Ora lo vedremo, chi comanda nel mio cesso,
schifoso insetto insolente!
Brandendo il Baygon, apro la porta ed entro. Il mostro non si vede da
nessuna parte; ispeziono con gli occhi la stanza, ma è troppo tardi: la
libellula, nascosta sulla parete immediatamente sopra alla porta, cala come
un'incudine sulla mia testa e comincia a sbatterci contro all'impazzata,
mentre io urlando spruzzo Baygon in ogni direzione, mia cervice compresa.
Il caos è totale, nella frenesia di levarmi il mostro dalla testa travolgo
ogni oggetto, rovescio bottiglie nella vasca, mi rotolo a terra ed infine,
afferrato un asciugamano, comincio a colpire all'impazzata in ogni
direzione.
La bestia! Ora la vedo! Svolazza intorno alla boccia del lampadario,
colpendolo ogni tanto con tale furia da farlo oscillare visibilmente. Punto
spietatamente il Baygon e faccio fuoco, tenendo il dito premuto così a lungo
da farmelo dolere, ed avvolgo il lampadario in una nube di insetticida.
Lo spruzzo è così prolungato che l'aria, nonostante la finestra spalancata,
diviene presto irrespirabile. Mi brucia la gola, mi lacrimano gli occhi. Ne
spruzzo così tanto che comincia a condensarsi sul lampadario e, infine, a
gocciolare a terra.
Il mostro sembra beato, avvolto nella nube tossica. E' lucido di veleno, ma
sembra più sano che mai. Gli occhi composti mi fissano con commiserazione,
mentre si posa sul lampadario agitando le zampe.
Esaurisco la bombola di Baygon su di lui, senza effetto, e alla fine mi vedo
costretto ad uscire dal bagno ormai trasformato in camera a gas.
Sono ridotto ad un rottame: entrato per orinare, ne esco con gola ed occhi
gonfi, pesto e lacero e coperto di insetticida appiccicoso.
Il mio odio per il mostro ripugnante è immenso. Non volevo farlo ma mi ci
hai costretto, rimugino mentre rovisto in un cassetto alla ricerca dell'arma
finale: il mio lanciafiamme fatto in casa, costruito parecchi anni orsono in
un impeto di genialità distruttiva.
Composto da uno spruzzatore per profumi e da un accendino opportunamente
collegati, il lanciafiamme non è più stato usato da quando ho dato fuoco
alle tende della mia stanza, con grande costernazione della mia famiglia. Ma
le circostanze avverse spingerebbero un uomo a qualsiasi cosa.
Carico il lanciafiamme con del profumo "Joy de Patou", in mancanza di meglio
(se se ne accorge mia madre.....). Controllo l'efficienza dell'arma,
spruzzando una fiammata lunga una trentina di centrimetri nell'aria della
notte al di fuori della finestra della mia stanza. Tutto bene, posso andare.
Mi sento come Rambo, come Sigourney Weaver in "Alien", come Roy Scheider ne "Lo Squalo". Nulla mi può fermare, la Bestia deve morire. Entro e richiudo
la porta velocemente: una volta entrato, solo uno di noi due dovrà uscire da
questa stanza.
Il mostro giace sul lampadario, sfidandomi quasi a combatterlo. E se fosse
una mutazione genetica causata dall'uso eccessivo di insetticidi? Ciò ne
spiegherebbe le dimensioni e la resistenza al Baygon. La prossima volta voto
verde, lo giuro.
Non è più tempo di recriminazioni. Punto il lanciafiamme accuratamente. Dì
ciao, mostro!
Whoooosh!
Una fiammata, e la libellula non c'è più. In compenso il mio lampadario
cosparso di Baygon ha preso fuoco, è una torcia! Apro il rubinetto della
vasca, attivo la doccia ed irroro il lampadario con un potente getto
d'acqua.
L'incendio è domato, ma l'acqua filtra lungo il cavo nel lampadario. Un
sonoro "whump", unito allo spegnersi delle luci in tutto l'appartamento, mi
avverte che l'impianto elettrico è kaputt.
Chi se ne frega! Il mostro è sconfitto! Al buio non riesco a vederne il
cadavere fumante, ma non mi preoccupo; come non mi preoccupo dei danni
disastrosi: il generale vittorioso non si cura delle migliaia di soldati
morti, dopo la battaglia.
Ma nel buio, un ronzio. Dapprima flebile, tale da indurmi a credere di
averlo immaginato. Poi, più forte. Il mostro è sopravvissuto!
Esco dalla stanza urlando di rabbia, richiudo ancora la porta ed esco
dall'appartamento. Prendo l'ascensore, scendo in cantina, arrivo alla porta,
mi accorgo di aver dimenticato le chiavi, ritorno in casa, prendo le chiavi,
ridiscendo, apro la porta, trovo tra le decine di contatori quello collegato
al mio appartamento, ne individuo l'interrutture saltato e lo riattivo.
Una volta rientrato in casa, con le luci finalmente accese, sono pazzo di
furore. Afferro un martello e mi dirigo al cesso, deciso a spappolare la
bestia contro una parete, dovessi morire nell'impresa.
Sono ormai ridotto ad uno stato belluino, come Karen Black quando lottava
contro il pupazzo assassino in "Trilogia del terrore".
Ebbro di violenza, assetato di sangue, non voglio altro che la morte del mio
avversario. Non fate prigionieri, miei prodi.
Che piacere sarà, sentire l'insetto frantumarsi sotto i colpi del mio
martello! Voglio vederne il sangue, di qualsiasi colore esso sia, schizzare
sulle piastrelle, imbrattarne le pareti. Voglio annientarlo fisicamente,
dovessi impiegare una bomba nucleare.
Entro, spalancando la porta. Questa volta non mi curo di richiuderla, sono
troppo incazzato. Individuo subito il bersaglio, adagiato sulla parete che
agita le ali.
Chissà perchè non se ne vuole andare spontaneamente. Chissà perchè è entrato nel mio cesso, in primo luogo!
Poi ricordo che le finestre in casa mia sono state sempre chiuse, durante la
mia assenza. Come può essere entrato? Forse è davvero un mostro
sovrannaturale, o una minaccia aliena, o una proiezione delle mie paure
inconsce, o un'allucinazione da delirium tremens causata dall'alcool. Ma
sono passate 24 ore dall'ultimo gin & tonic!
Non importa. Pensiamo prima ad annientarlo.
Sto per vibrare il fendente mortale quando, vedendo l'insetto che mi fissa
senza muoversi, comincio a subdorare un inganno. E se vola via proprio
quando sto per colpirlo? Potrò spiegare l'incendio del lampadario a mia
madre, al suo ritorno, attribuendolo ad un corto circuito. Ma come
giustificare una piastrella della parete polverizzata a martellate?
La ragione ha la meglio. Poso il martello. Richiudo la porta e torno nello sgabuzzino.
Quando rientro nel bagno sono armato di coltello, nastro adesivo da pacchi,
un contenitore semisferico di plastica trasparente per alimenti, un trapano
elettrico per modellisti, una cannuccia di plastica e una siringa da pasticceri.
Con il contenitore di plastica in una mano, prendo cautamente la mira e,
dopo diversi minuti di meditazione zen, mi calo sulla preda, imprigionandola contro la piastrella.
Il mostro sbatte contro le pareti di plastica con violenza, ma ho appoggiato
tutto il peso del mio corpo contro il muro e non può fuggire. Tenendo fermo
il contenitore con una mano, afferro con l'altra il nastro adesivo, con il
quale lo assicuro sommariamente alla parete. Poi, con il coltello e con
altro nastro adesivo, sigillo ermeticamente la tomba di plastica al muro.
Ora il contenitore spunta dal muro, sospeso come una mostruosa escrescenza
nella quale un orrido insetto si agita ronzando follemente. E' giunta l'ora della vendetta!
Quando sono certo che il contenitore sia attaccato alla parete in modo
assolutamente ermetico, attacco il trapano e pratico un foro sulla sommità
del contenitore, appena abbastanza largo da far passare la cannuccia. La
infilo nel foro, sigillo anche i bordi del foro con il nastro isolante.
Nello sgabuzzino trovo del silicone, con il quale assicuro la tenuta stagna
del contenitore alla parete. Mentre compio questa operazione la libellula mi
guarda stranita. Forse ha capito ciò che l'aspetta.
In cucina riempio la siringa di alcool denaturato. Torno in bagno e,
attraverso la cannuccia, irroro la bestia immonda di alcool, sperando di
decretarne la fine.
La libellula si agita, spruzza alcool contro le pareti del contenitore,
mentre io comincio a sentirmi in colpa. Ma è solo un istante. Forse i
soldati nazisti hanno avuto pietà delle loro vittime inermi a Mathausen?
E' un paragone del cazzo, lo so, ma per giustificare il mio operato in quel
momento basta poco per convincermi.
Visto che l'alcool non ha effetti mortali, esasperato, torno in cucina e
riempio la siringa di tutto ciò che mi sembra adatto allo scopo: Cif
Ammoniacal, Viakal, WC Net, Perborato di sodio Omino Bianco, Vernel Liquido, persino Coca Cola (l'ingrediente più letale).
Il cocktail mortale scivola nel contenitore riempiendolo fino a metà: è talmente corrosivo che la plastica, anche dove non è bagnata direttamente, comincia a divenire opaca. La libellula cade nel liquido, si agita debolmente e poi giace. Continuerà ad agitarsi molto a lungo. Ora è lì che galleggia semi immersa nella mistura, ma ancora non mi fido ad aprirne la liquida tomba. Anche perchè non so esattamente come fare senza spandere in tutto il bagno il liquido contenuto nell'emisfero saldato alla parete.
Ma sarà veramente morta? O appena aprirò, essa mi assalirà schizzandomi di acido, divorandomi gli occhi, rosicchiandomi la lingua, inoculando le sue larve sotto la mia pelle, quale orribile bozzolo vivente?
Tremo all'idea. Anzi, non ho nemmeno il coraggio di tornare in bagno. E se la libellula non fosse stata sola? Se un'altra belva volasse indisturbata per la mia casa, pronta ad avventarsi su di me non appena, spente le luci, io mi adagiassi sul letto?
Questa notte non dormirò....
La minaccia della Libellula Assassina incombe ancora, lo so. Quella che ho catturato non era che un'avvisaglia di un pericolo ben maggiore. Ho scritto queste righe per avvertirvi della minaccia che incombe su di me. Dovevo dirlo a qualcuno. Se dovesse capitarmi qualcosa, saprete cosa è accaduto. Ma ora... cos'è stato? Era un ronzio, quello che ho udito? Un frullare di ali? Meglio che vada a vedere....

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