Dopo una vita di studi dedicati all'argomento, il Principe Goffredo De Bernardis, il piu' grande esploratore artico italiano, ha raccolto indizi sicuri sull'esistenza dello Yeti sulla cima dell' Everest. Pertanto viene organizzata una spedizione composta dai piu' insigni scienziati ed esperti alpinisti, il cui scopo e' raccogliere prove inequivocabili che lo Yeti esiste. La spedizione si raccoglie ai piedi dell' Himalaya in pieno inverno, e, nonostante la popolazione locale sconsigli l'ascesa, comincia la propria missione. Al primo campo base gli Sherpa abbandonano la spedizione, ritenendola troppo pericolosa. Gli Italiani si arrangiano come possono a raggiungere il secondo campo base con tutte le attrezzature pesanti, e qui gli scienziati decidono di non proseguire, spossati dalla fatica e preoccupati dal costante peggiorare della situazione meteorologica. I piu' ardimentosi pero' decidono di proseguire fino al terzo campo base, ma qui anche loro gettano la spugna, mentre il tempo peggiora sempre piu'. De Bernardis ed i due piu' esperti rocciatori sfidano la tempesta di vento e neve e, con il minimo necessario di attrezzi e viveri, raggiungono il quarto ed ultimo campo base, proprio in prossimita' della cima dell'Everest. Qui rimangono una intera giornata aspettando che il tempo migliori per osare una sortita verso la cima, ma l' esaurirsi dei viveri ed il clima polare sconsigliano di proseguire oltre. Quando giunge il momento di scendere a valle, il Principe Goffredo De Bernardis con un pretesto manda avanti i due compagni di squadra e, preso da un fanatico furore, comincia a scalare da solo l'ultima parete. Dopo un po' di arrampicata pero' decide anche lui di abbandonare la spedizione, ma proprio in quel momento, nell'infuriare della bufera, gli sembra di scorgere una figura gigantesca e pelosa che, dall'alto, lo osserva con curiosita'. In una condizione ormai paragonabile ad un' estasi mistica, l'indomito esploratore getta via la maschera ad ossigeno, i chiodi e le funi da arrampicata, e tutto quanto possa appesantirlo, e scala la parete di roccia ghiacciata a mani nude, senza mai smettere di fissare la cima e la strana figura che continua ad osservarlo, immobile nella tormenta. Finalmente giunge fino a lui, spossato e semiassiderato, riuscendo solo a biascicare: "Goffredo... Goffredo...". E lo Yeti: "Anca mi, fiol, ma resisto".

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