Si narra della gatta di un certo Martìn, pescatore. Un giorno che Martìn aveva l'influenza, la gatta si ritrovò affamata e senza interiora di pesce con le quali banchettare. Che fare? La gatta salì su un'assicella che stava lì sul bagnasciuga (proprio dove il Duce diceva che avrebbe fermato gli inglesi: "Li fermeremo sul bagnasciuga!" Col cavolo!) e spingendo la spiaggia con la zampa riuscì ad entrare nel mare. Naviga, naviga, naviga, scivola scivola, scivola, col vento vaaaaa! Verso la liiiiiiiiibertàaaaaaaa!!!!!!!! Così almeno pareva alla gatta, che si mise subito ad allungare la zampa in acqua per prendere qualche pesciolino. Ma....che accadde? Così chiederanno i miei due lettori e mezzo, almeno due e mezzo! Il Manzoni fingeva di credere di averne solo venticinque, quel finto modesto. Accadde che un pesce cattivello e grandino, con bocca dotata di denti bel molati (erano...molari), agganciò la zampina della gatta e la staccò di netto...Aih, povera povera bestiolina! La gatta tornò faticosamente a riva sulla sua precaria imbarcazione, miagolando disperatamente. E buon per lei che si era levato un venticello, che spinse l'imbarcazione verso il bagnasciuga. I figli della parrucchiera (ma quale parrucchiera - direte voi - chi ha mai parlato di parrucchiera? Ne parlo io adesso, perché? Non si può?), che erano poi i padroncini della gatta, presero su la povera bestia, la portarono dal veterinario, e in seguito la accudirono con affetto anche se aveva tre zampe. La gatta, non il veterinario, il quale di zampe ne aveva quattro come tutti i veterinari. O no? In quella circostanza nacque un proverbio, che fu in seguito storpiato, e che ora dobbiamo restaurare come si fa con gli antichi dipinti. Eccolo qui di seguito, restaurato finalmente. Eccovi il proverbio originale: TANTO VA LA GATTA AL LARGO, CHE CI LASCIA LO ZAMPINO.
Cosa potrà mai combinare un'imbranata alle prese con un hoverboard?